lunedì 27 febbraio 2012

IL GREGGE ALZA LA TESTA

Dopo aver tratteggiato in Tutti a Zanzibar un pianeta sconvolto dall’esplosione demografica, in quest’opera Brunner si concentra sul degrado ambientale. Il romanzo è ambientato in massima parte negli Stati Uniti di un futuro (ormai passato) 1983.
Lo scenario ritratto è terrificante. L’inquinamento atmosferico ha raggiunto livello tali che, nelle grandi città, è indispensabile usare maschere munite di particolari filtri per respirare mentre pericolose piogge acide sono in grado di rovinare abiti e tessuti organici. Strati di plastica, carta e altra immondizia coprono i mari da cui si leva un fetore insopportabile (il Mediterraneo è ormai morto, decine di migliaia di abitati dell’Italia del sud che vivevano di pesca provano ad emigrare); gli Americani sono costretti ad andare in vacanza sui monti del Colorado dove ancora si può respirare liberamente. Anni di uso indiscriminato di pesticidi e agenti chimici hanno reso batteri e insetti sempre più resistenti, ampie fasce di popolazione si ritrovano condannate a convivere con topi, pulci, pidocchi refrattari ad ogni trattamento mentre epidemie di vecchie e nuove malattie colpiscono centinaia di migliaia di persone.
Mentre la maggioranza della popolazione rimane passiva e accetta supinamente il degrado dell’ambiente e della propria vita, un gruppo di estremisti, che ricordano un po' gli hippie, tentano di vivere in comuni autosufficienti. Prendono il nome di “Trainiti” da Austin Train, uno studioso tra i primi a denunciare con forza i problemi ecologici e sociali. Gruppetti più violenti si macchiano anche di atti di forte protesta e vandalismo, disegnando dappertutto il logo del teschio con l'ossa in croce e il motto “Ferma, mi uccidi”.
Per la prima volta dall’industrializzazione, la speranza di vita della popolazione americana è in netta decrescita così come, alcuni studi lo dimostrano, il suo quoziente intellettivo medio, plausibilmente il tutto dovuto al degrado delle condizioni di vita e dell’alimentazione. Simbolo di questa parabola discendente è il Presidente che compare nel romanzo con periodici ed esilaranti (sicuramente tra le migliori trovate dell’intera opera) virgolettati di puro populismo da bar, di patriottismo spicciolo e ottuso. Secondo Train, inconsciamente gli Americani, con lo stesso istinto di una popolazione animale che si ritrova in un ambiente degradato e privato delle necessarie risorse, sentono la necessità di limitarsi, contenersi. Da qui il calo delle nascite e allo stesso tempo una certa paura, avversione per l’intelligenza, quasi rappresentasse una minaccia.
In questo contesto da incubo visionario, la classica goccia che fa traboccare il vaso, innescando reazioni a catena dalla portata inimmaginabile, è l’avvelenamento di una falda acquifera che trascinerà nel caos l’intera nazione. Il romanzo si chiude con l’osservazione sarcastica di uno scienziato che, tramite avanzate simulazioni informatiche, ci informa come l’unico modo per salvare la Terra consista nell’eliminare i 200 milioni di individui più nocivi (chiara l’allusione alla popolazione americana!).
Come in Tutti a Zanzibar, le vicende vengono narrate dal punto di vista di numerosi protagonisti e la narrazione classica è inframmezzata da notizie frammentarie, annunci, discorsi, slogan, pubblicità, tutti elementi atti a fornire al lettore una rappresentazione complessiva del mondo immaginato dall'autore. L'assenza di un vero e proprio filone principale rende, soprattutto all'inizio, un po' difficile seguire e comprendere appieno la sequenza degli avvenimenti. Solo nel finale, e in maniera forse un po' troppo affrettata, vengono chiarite le cause e i legami degli eventi narrati. Ciò detto, l'opera costituisce una lettura assolutamente consigliata, destinata ad impressionare il lettore per la sequela di immagini forti, vivide, che danno vita ad una descrizione dura, cruda, sicuramente portata agli eccessi ma comunque tristemente verosimile dell'abbruttimento parallelo dell'uomo e del mondo.

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domenica 19 febbraio 2012

PERDIDO STREET STATION

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Questo romanzo può essere definito una "chimera del fantastico". Complessità e transizione sono le sue parole d'ordine. A partire da quella che è in fin dei conti la vera protagonista dell'opera, la città che fa da sfondo alla narrazione: New Cobruzon. Una metropoli di fine XIX secolo, un labirinto urbanistico, fatto di vicoli tortuosi, torri decadenti, fiumi inquinati, mercati, fabbriche, ghetti... popolata da una infinita varietà di forme di vita: umani, esseri insettoidi, anfibi, uomini-cactus, uomini-uccello, incubi volanti che si nutroni di sogni... A Perdido Station, la grottesca stazione ferroviaria, fulcro e nodo cruciale dell'intera città, si può trovare un'ambasciata di demoni infernali oppure un'inquietante intelligenza aracnoide che tesse la propria tela in dimensioni a noi sconosciute... Non mancano neanche macchine calcolatrici arrivate all'autocoscienza o strani esseri aventi la forma di una mano umanai, ma dotati di vita e intelligenza proprie che vivono come parassiti all'interno di normali, all'apparenza, uomini o animali...
Complessa è al tempo stesso la natura del romanzo. Ci sono echi di una classica fantascienza sociologica, di una tipica distopia, nel dipinto di una città dell'era industriale, dei suoi sobborghi sporchi, del proletariato informe, del potere avido e corrotto di politici senza scrupoli, di una polizia violenta e onnipresente, di vani tentativi di lotta e di ribellione, di sentimenti razzisti come di solidarietà di classe. Ma, al tempo stesso, le creature ritratte rimandano al " bestiario" fantasy più che all'immaginario alieno della fantascienza tradizionale. Esiste la magia, la taumaturgia, ma non è la collezione di formule arcane e inspiegabili, non è il dono innato di un eroe, bensì è una delle forze della natura, riconosciuta e come tale studiata dalla scienza ufficiale. Ingredienti di steampunk sono altresì ben riconoscibili nella tecnologia a vapore che nutre motori sotterranei come banali elettrodomestici.
Il protagonista del romanzo, Isaac dan Der Grimnebulin è un genio ribelle, isolato dal mondo accademico "ufficiale", le cui ricerche spaziano in tutti i campi del sapere... la sua figura ricorda un Leonardo da Vinci, un Cartesio, uno di quei pensatori poliedrici esistenti fino a due secoli fa. La sua amante, Lin, non è umana, bensì una khepri, esseri ibridi uomo-coleotteri. Entrambi ricevono quasi contemporaneamente due incarichi che li trascineranno in una sequenza imprevista di eventi. Isaac si immerge nell'apparentemente impossibile compito di trovare il modo di restituire ad un garuda, un uomo uccello le cui ali sono state recise per un incoffessabile crimine (alla fine in realtà un po' banale), la possibilità di volare. Nelle sue ricerche, Isaac perfeziona il sogno dell'intera sua vita, costruendo un motore di crisi, uno straordinario marchingegno basato su una teoria unificata delle forze fisiche. Lin invece riceve l'incarico di creare la statua di Motley, uno dei più grandi boss mafiosi locali, per usare termini a noi contemporanei, un essere di natura indefinita il cui corpo sembra essere composto da pezzi presi a caso da innumerevoli forme di vita. A unire questi due binari, apparentemente senza possibilità di incrocio, sarà una terribile minaccia che incombe sulla città...
Il romanzo è un puzzle di idee, di personaggi, di storie, di ritratti, di episodi. Si pensi ad esempio alle inquietanti figure dei rifatti, criminali condannati a subire interventi di biotaumaturgia che modificano in modo a volte grottesco, a volte veramente mostruoso, il loro corpo secondo una perversa logica del contrappasso. Ancora, la descrizione della società khepri, in cui le femmine, col corpo di donna e la testa di coleottero, si devono accoppiare con maschi ancora integralmente allo stadio insettoide. Non manca neanche l'umorismo, come non sorridere per esempio ricordando gli impacciati, stupidi, piccoli dragomini. L'autore, in questa grande allegoria, spazia tra temi diversissimi tra loro e di ampio respiro: politica, arte, scienza, religione, riprende l'idea stessa di singolarità tecnologica.
Questa incredibile varietà di tematiche costituisce al tempo stesso la forza e il difetto del romanzo. In certi momenti l'opera infatti soffre di una eccessiva prolissità, si ha l'impressione che l'autore avrebbe potuto tralasciare interi passaggi (ad esempio la digressione sulle maneggiatrici) e tale sensazione è ulteriormente rafforzata dallo stile descrittivo oltre misura, a volte ridondante in un eccesso di volontà documentarista, ai limiti del barocco. Anche il finale presenta qualche punto di debolezza: come anticipato, l'incoffessabile crimine del garuda che si rivolge a Isaac si rivela alla fine banale e, a mio parere, fuori dal personaggio; la fine di Lin lascia l'amaro in bocca e, in genere, si ha l'impressione che manchi qualcosa, una spiacevole sensazione di incompletezza.
Sottolineati questi difetti, consigliamo comunque, e caldamente, la lettura di quest'opera che rimarrà impressa a lungo nella mente del lettore per l'originalità dei temi trattati e soprattutto per la fusione di stili e idee appartenenti a generi narrativi apparentemente inconciliabili, che ha portato alla costruzione di un mondo davvero unico.

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