sabato 27 febbraio 2010

L'UOMO STOCASTICO di Robert Silveberg

Il protagonista del romanzo, Lew Nichols, è uno studioso che utilizza metodi probabilistici per fornire previsioni di supporto alle decisioni nei campi più disparati. La sua vita viene sconvolta dall’incontro con Martin Carvajal, un uomo in grado di vedere realmente il futuro, abilità che anch’egli riuscirà ad ottenere in un secondo momento. Sullo sfondo, la scalata al potere di un nuovo politico di successo in una caotica New York di fine XX secolo in cui droga e prostituzione sono legalizzate e una specie di poligamia erratica istituzionalizzata.
Pur dotata di un buon intreccio e risultando nel complesso una lettura gradevole soprattutto dal punto di vista stilistico, l’opera presenta diverse lacune sul piano dei contenuti. Essa è incentrata sull’eterno dibattito sul carattere casuale o deterministico della realtà, visioni che si incarnano nei due personaggi principali: da un lato lo studioso che tenta di porre ordine al caso, studiandone le proprietà e fornendo previsioni grazie a metodi matematici; dall’altro il veggente, conscio del destino già predeterminato che tutti noi interpretiamo come attori sul palcoscenico.
I problemi, legati per esempio alla natura del libero arbitrio umano, sollevati dal protagonista stesso nelle fasi iniziali del romanzo, che la vittoria di quest’ultima tesi pone non vengono però neanche più affrontati nelle fasi finali del libro. Altrettanto misteriose sono le ragioni e le modalità con cui il protagonista acquisisce il dono della preveggenza.
Nel complesso l’opera dà una impressione di incompiutezza, con un finale un po’ frettoloso, forzato: non una delle opere migliori di quel grande autore che è Silverberg..

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lunedì 22 febbraio 2010

QUANDO LE RADICI di Lino Aldani

Il romanzo è ambientato in un’Italia totalmente trasformata: quasi l’intera popolazione vive in poche enormi megalopoli (la Milano che si estende ormai fino al confine svizzero, la Firenze-Prato, l’enorme Roma-Civitavecchia, la Genova che occupa ormai l’intera Liguria etc…) mentre tutti le altre cittadine o paesi di campagna sono stati distrutti e trasformati in una immensa distesa agricola a produzione ultra-intensiva, secondo la politica della cosiddetta agricoltura industrializzata. Sullo sfondo, mai descritto esplicitamente, si intuisce la presenza di un potere politico forte e misterioso… nell’opera si accenna talvolta ad una rivoluzione, si usa l’appellativo “compagno”, si maledicono i “governanti ladri che di comunista non hanno più niente”, la produzione agricola è gestita da cooperative che nella realtà sono però proprietà di pochi privilegiati: il tutto fa pensare ad una rivoluzione fallita, un tentativo di governo socialista naufragato e che ha tradito le aspettative di molti (forse è lo stesso autore, con esperienze partigiane e dichiaratamente di sinistra, a parlare, denunciando il fallimento del “socialismo reale”).
Il protagonista del romanzo è Arno Varin, un giovane di quasi trent’anni che vive nella megalopoli romana e lavora come impiegato presso l’Istituto Centrale Urbanistico controllando schede perforate per cinque ore consecutive, senza sapere, come tutti del resto, il significato del suo lavoro ed il ruolo dell’Istituto stesso. Arno è l’archetipo del lavoratore estraniato, perfetto ingranaggio del potere, succube di una vita monotona e grigia, la cui volontà è annebbiata dalle lusinghe dell’alcool e del sesso facile che la società regala a tutti. Il dubbio, la domanda che nessuno si è mai posto, a cosa serviranno mai le schede perforate che per ore deve controllare, è l’interruttore che fa scattare la vita di Arno, che decide di lasciare Roma per trasferirsi in ciò che rimane di Pieve Longa, il minuscolo paesino in cui ebbe i natali. Ma i mostri della sua vita precedente lo raggiungeranno anche nel suo eremo, da cui dovrà fuggire e iniziare, per la seconda volta, una nuova vita.
Arno, il protagonista, è l’uomo in fuga dall’omologazione, dalla massificazione, dall’esistenza annebbiata dai frutti che la scienza e la tecnologia hanno donato all’uomo privandolo però del contatto con la terra e la natura, di rapporti interpersonali veri, contrapposti alla finzione all’ipocrisia della vita sociale metropolitana, che Arno ritrova nella piccola comunità di anziani che ancora si ostina a vivere a Pieve Longa. E’ tra questi vecchi rudi contadini, trogloditi senza acqua corrente né elettricità, che se ne fregano della notizia dello sbarco su Marte annunciata dalla radio, che Arno riprende realmente a vivere.
Il romanzo non è particolarmente ricco di idee o di spunti innovativi: l’Italia del futuro tratteggiata dall’autore si differenzia dal suo, e fondamentalmente anche nostro, presente solo per l’urbanizzazione massiccia che ha cambiato la geografia del paese e il tema trattato, il disagio di fronte alla modernità e alla vita artificiale condotta nelle grandi città, non è certamente nuovo. L’opera costituisce comunque una lettura gradevole e interessante per l’italianità dell’autore e dell’ambientazione.

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giovedì 18 febbraio 2010

AGGIORNATA SEZIONE RACCONTI

La sezione Racconti è stata completata nelle sottosezioni per Titolo, Autore, Voto, Anno... a presto le sottosezioni Genere e Volume!

domenica 14 febbraio 2010

FUTURO IN TRANCE di Walter S. Tevis

Siamo nel 2467 e l’umanità sta morendo. L’intera società umana è completamente automatizzata: da ormai diverse generazioni, i robot svolgono tutti i lavori necessari e prendono ogni decisione. Un individualismo esasperato regola la vita di ogni uomo: la famiglia è abolita; i bambini e gli adolescenti vivono in collegi dormitorio dove ricevono un’”educazione” fondata sui principi dell’autoappagamento, del culto dell’interiorità, tesa a stroncare ed eliminare sul nascere ogni impulso verso la socializzazione. Il crimine peggiore di questa nuova epoca è l’invasione della Privacy altrui; la coabitazione è vietata e, nelle rarissime discussioni, è buona educazione, secondo le norme della Cortesia Obbligatoria, non guardare l’interlocutore direttamente negli occhi.
In seguito ad un guasto, il sistema di controllo demografico ha cominciato e continua a ricevere segnali che annunciavano un eccessivo incremento della popolazione. In risposta, il sistema ha sterilizzato quasi tutta la generazione umana attualmente vivente e aggiunge sonniferi per bloccare l’ovulazione al mix di antidepressivi e psicofarmaci che ogni persona assume quotidianamente. Così da anni non nascono più bambini e l’umanità si dirige inconsciamente verso l’estinzione.
A rendersi conto di tutto questo è un normale professore universitario, Paul Bentley, che riscopre la lettura e grazie a ciò che apprende nei libri riscopre l’esistenza di un passato, della possibilità di un’esistenza diversa per l’uomo. Di nuovo in grado di leggere il presente, Bentley capisce come la chiusura in sé stessi, che si traduce negli assurdi comandamenti della Cortesia Obbligatoria e della Tutela della Privacy, ha sì da un lato eliminato i contrasti, anche tragici, che caratterizzavano la storia dell’uomo ma gli ha impedito ciò che più di ogni altra cosa l’uomo stesso cerca, ovvero di amare e di essere amato. Simbolo dello stato attuale dell’uomo è Spofforth, un androide dell’ultima generazione, troppo umano in un mondo in cui gli uomini hanno smesso di essere tali: perfetto nel corpo e nella mente ma privo dell’apparato sessuale, insegue il suicidio che gli è impedito.
Il bambino, frutto dell’amore tra Bentley e Mary Lou, l’ultima donna libera della Terra, ancora fertile e con una mente e una personalità realmente vive perché scappata dai dormitori-collegio ancora giovane, regala però un’ultima speranza di riscossa all’umanità.
L’opera è una classica distopia in cui alcuni tra i tratti più negativi della moderna società occidentale vengono amplificati e portati all’estremo: l’individualismo sfrenato, l’asetticità crescente nei rapporti personali, la cieca meccanizzazione e automazione (i cui paradossi sono ritratti ironicamente nella descrizione di una fabbrica di tostapane che da anni sforna elettrodomestici non funzionanti, li distrugge e ne ricicla il materiale per produrne altri) che rendono l’uomo superfluo, quasi un intruso, un elemento caotico da controllare e imbavagliare. Alla ricchezza e profondità dei temi e dei contenuti trattati si associa una trama di buon livello che fa del libro una lettura consigliata a tutti.

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sabato 6 febbraio 2010

IL TENENTE di Ron Hubbard

Il mondo intero è stato teatro di un immane conflitto globale e bombardamenti atomici hanno distrutto metropoli di tutto il mondo. L'Europa è un cumulo di rovine: dall’Atlantico ad Arcangelo eserciti di ogni nazione si sono dati battaglia mentre re e regine, partiti e governi si succedevano alla guida dei rispettivi paesi perdendo, mano a mano, ogni contatto con le proprie truppe, decimate da terribili malattie come il “mal del soldato”. Il Tenente, un ufficiale dell’esercito britannico, è al comando di una delle ultime formazioni che cercano di sopravvivere sul continente; ciò che è rimasto degli imponenti eserciti che hanno distrutto l’Europa si dà battaglia non più in nome di una patria o di una bandiera ma, come mercenari, per impossessarsi di cibo e vestiario, anche saccheggiando comunità di civili.
Il romanzo, la cui prima versione risale al 1939, è un classico della fantascienza bellica. Gli scenari di distruzione e di catastrofe che purtroppo la seconda guerra mondiale realizzerà, sono preconizzati e ingigantiti, portati all'estremo da Hubbard. Allo stesso tempo però, il protagonista dell’opera, il tenente, possiede qualcosa dell’antico guerriero, dedito interamente alla propria causa… lui e i suoi soldati hanno ormai dimenticato, se mai l’hanno avuta, l'esistenza condotta prima dello scoppio della guerra e guardano con sospetto chi sembra non appartenerle, i civili, siano essi poveri contadini o peggio politicanti, mentre mostrano sentimenti di cameratismo verso i propri simili con cui, in quell’unico, infinito terreno di guerra che è ormai l''Europa, condividono la medesima esistenza.
Se da un lato la distopia di Hubbard ingigantisce, nella durata temporale e nella portata spaziale, gli scenari di distruzione materiale della guerra che verrà, dall’altro non arriva a immaginare gli orrori e quelle forme di rovina morale, interiore che sappiamo poi essersi concretizzati. Gli uomini, il Tenente primo fra tutti, pur induriti dalla battaglia quotidiana, si mantengono tali per sentimenti e capacità di ragionamento e alla fine riescono ad ottenere la pace sognata e rimanere protagonisti in quella nuova società. E’ questo forse il limite dell’opera; una lettura consigliata, scorrevole, avvincente e ricca di temi e significati che forse non emergono immediatamente in superficie.

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martedì 2 febbraio 2010

LIBRO DEL MESE GENNAIO 2010 - UOMO PIU'

Romanzo scritto nel 1976 che anticipa molti argomenti della successiva produzione fantascientifica, integrandoli con altri della fantascienza classica: l’avventurosa colonizzazione di Marte, il cyborg (organismo in parte umano e in parte artificiale), l’espansione delle funzioni organiche umane grazie alla tecnologia, la deriva dei rapporti interpersonali, la scarsità delle risorse terrestri, minate dall'inquinamento e dalla globalizzazione, la presa di coscienza delle macchine.
Vincitore del premio Nebula 1976 e nominato per i premi Hugo, Campbell e Locus nel 1977, "Uomo più" descrive una vicenda complessa e articolata, riuscendo a sviluppare una profonda riflessione sulla natura dell’uomo e sulla tecnologia, con grande rigore scientifico e capacità narrativa.
Un romanzo consigliabile a tutti gli amanti della fantascienza classica, ma anche ai cultori di cyberpunk, postumanesimo e avanguardie; una lettura interessante ma non troppo impegnativa che affianca concetti anche profondi ad una trama sempre lineare e chiara nel succedersi degli eventi.

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