venerdì 3 maggio 2013

LE FONTANE DEL PARADISO di Arthur C. Clarke


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Il romanzo è ambientato in un futuribile XXII secolo. Il personaggio principale è Vannevar Morgan, il più grande ingegnere vivente, realizzatore del gigantesco Ponte sullo stretto di Gibilterra che ha unito le coste africana ed europea. Egli ha ora intenzione di costruire un’opera ancora più grandiosa: un ascensore spaziale in grado di portare i carichi dalla superficie terrestre fino allo spazio esterno all’atmosfera terrestre così da ottenere sia un netto risparmio in termini energetici che una drastica riduzione dell’inquinamento rispetto alla classica propulsione missilistica. Il filone principale della trama del romanzo è incentrato sui progetti e gli sforzi portati avanti da Morgan per realizzare il suo sogno. Il luogo di costruzione ideale è l’isola di Taprobane, sulla costa sudorientale dello Sri Lanka (opportunatamente traslato un po’ a sud per farvi passare l’equatore…), ma la cima del monte Yakkagala, dove dovrebbero essere innestate le fondamenta della colossale opera, è la sede di un secolare monastero buddista che gli occupanti sono ben restii a cedere. Morgan viene in contatto così con le autorità marziane, molto più perspicaci del governo terrestre nell’intuire le potenzialità dell’idea. Ma sul finire del collaudo del meccanismo in scala ridotta che è stato concesso a Morgan di realizzare sull’isola accade qualcosa di miracoloso che consentirà la costruzione sulla Terra del colossale ponte verso lo spazio... Su questo asse di narrazione principale si innestano, principalmente nella prima parte del romanzo, due variazioni di tema distinte. La prima narra la storia dell’antico re parricida Kalidas che aveva costruito sul mondo Yakkagala le Fontane del Paradiso, una serie di spettacolari fortificazioni e abbellimenti artistici come proprio luogo di residenza e piacere. La seconda riguarda invece il primo contatto tra l’umanità e la vita extraterrestre realizzato tramite una sonda aliena automatica chiamata Stellaplano. Essa proviene da un sistema solare non molto distante dal nostro e afferma di essere già entrata in contatto con diverse altre civiltà. Frutto principale degli intensi scambi scientifici e filosofici tra l’uomo e il database artificiale di Stellaplano risulta essere il declino delle religioni tradizionali, il cui impianto logico viene demolito dal ragionamento del computer alieno. I temi del romanzo sono tipici della produzione di Clarke. L’intera opera è permeata da una visione ottimista del futuro dell’uomo, accompagnato lungo la strada del progresso dalla scienza, a scapito di ciò che è ritenuto retaggio della paura e della superstizione. I toni nei confronti della religione sono forti e senza sfumature di equivoco: in poco tempo Stellaplano demolisce tutta la filosofia di Tommaso d’Aquino, bocciata come logicamente inconsistente. La trama è semplice e lineare, in maniera addirittura quasi eccessiva; molto efficaci nell’interrompere la monotonia risultante sono i filoni secondari che ridanno un po’ di varietà all’intreccio. Lo stile è diretto, essenziale; il linguaggio è ricco di quella terminologia scientifica e tecnica che l’autore conosce bene. Com’è altra caratteristica tipica dei romanzi di Clarke, i personaggi risultano nel complesso privi di una vera e propria personalità: Morgan è lo stereotipo dell’uomo di scienza integralmente, quasi religiosamente diremmo, devoto al suo lavoro, ma nulla traspare della sua anima. Nel complesso, il romanzo può risultare a tratti un po’ noioso per gli amanti di una fantascienza ricca d’azione oppure per chi predilige contenuti più filosofici o speculativi. Per questo lo consigliamo davvero soltanto agli estimatori dell’autore o della più pura Hard Science Fiction.

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