martedì 17 settembre 2013

IL SIGNORE DEI SOGNI di R. Zelazny

Recensione completa de Il Signore dei Sogni di R. Zelazny Il romanzo è ambientato in un futuro non troppo lontano in cui un numero sempre maggiore di individui, vuoi per lo stress da sovrappopolazione o altri fenomeni, nonostante l'alto livello di benessere materiale raggiunto, soffrono di disturbi psichiatrici. Il protagonista, Charles Render, è un formatore, uno dei pochi psichiatri che padroneggia la nuova disciplina del neuropartecipazionismo. Tramite un costoso macchinario, Render si interfaccia direttamente con il subonscio del paziente, creando o distruggendo interi mondi immaginari e combattendo così complessi o psicosi. Render gioca a fare Dio, sicuro della propria abilità nel maneggiare e controllare le pulsioni dei suoi pazienti. Egli dovrà, però, presto pentirsi della sua sicumera quando accetta di farsi carico di un caso davvero singolare, accettando come paziente un'altra psichiatra, Eileen Shallot, che desidera fortemente diventare anch'essa una formatrice nonostante il suo terribile difetto, ella è infatti cieca dalla nascita. La donna convince Render di come, se introdotta poco a poco alle sensazioni della vista nei mondi costruiti dal formatore, ella sarebbe poi in grado di gestire lo shock e l'emozione risultanti dal provare quegli stimoli sensoriali completamente nuovi per lei e di poter così costuire a sua volta mondi per i suoi pazienti. Tra i due si instaura fin da subito un forte rapporto basato anche su una evidente attrazione fisica ma, come era facilmente prevedibile, Render finirà per scontrarsi fatalmente con il forte e mutevole subconscio della donna. L'opera è sicuramente interessante da un punto di vista concettuale, arricchita da numerosi richiami sia alla psicoterapia classica (Freud, Jung etc...) che a miti dell'antichità, in maniera analoga ad altre opere del medesimo autore (vedi Il Signore della Luce), e condita da alcune idee innovative (per esempio i cani geneticamente modificati per poter parlare con gli umani). L'intreccio, forse perchè il romanzo deriva dall'espansione di una novella, risulta però monotono, ripetitivo, con taluni personaggi al limite dell'assurdo, basti pensare al giovane figlio di Render, neanche adolescente ma che agisce e parla come un sofisticato intellettuale. Il finale sembra quasi un corpo estraneo alla vicenda, un sipario che cala improvvisamente senza però chiarire cosa effettivamente accade e lasciando il lettore abbandonato tra i tanti richiami di miti classici. Concludendo, il romanzo è una lettura che non mi sento di consigliare se non agli appassionati di Zelazny.

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